mercoledì 17 luglio 2019

Louie CK, il postmoderno a casaccio e io tabuismo

Mie considerazioni sull'articolo di Wired Italia relativamente al pezzo di Davide Piacenza sullo spettacolo di Loiie CK

Ieri sera, dopo lo spettacolo (e in ogni caso che palle fare la stessa battuta sul "ho imparato che se chiedo: posso farmi una sega davanti a te e lei risponde sì io devo chiedere: sei proprio sicura?) (però ho riso), chiedevo come si fa a valutare la vera idea di un comico che dissacra tutto. Un po' quel che Piacenza scrive qui riguardo a Parkland. Cioè, ieri battute su: sco^^^^^ re le bestie, sco^^^^e i bambini, ebrei, campi di concentramento, gay, vegani, francesi.

Sono battute no? Il politicamente scorretto è figo.
E ok. A me il politicamente scorretto non crea fastidio. Se è, appunto, satira, un modo cattivo per riflettere su alcune cose.

Ho seguito la tua serie tv e credo che davvero tu facessi sarcasmo.

Ma non vorrei mai essermi trovata ad applaudire (e a pagare profumatamente) uno stand up comedian nazista. Quindi la mia posizione è esattamente antitetica a quella di Piacenza: il mio problema è che il personaggio e la persona per me sono divenuti troppo distanti e se sono disposta a ridere quando - esempio - il mio amico gay fa battute su lui, Tiziano Ferro e una cosa che se la scrivo sarò bannata a vita, e rido perché lo conosco e so che scherza, meno sono disposta a ridere se ho il dubbio che tu nella battuta che hai fatto credi davvero...

Uscendo da Teatro, ieri sera, una coppia dietro di me commentava di essere rimasta delusa dal fatto che Louie abbia parlato della se^^^^^^ga. Io dico: perché no? Accidenti, come ha fatto notare lui, ognuno di noi ha "la sua cosa". La sua è masturbarsi di fronte alla donna (che gli piace?) -

E ora LO SAPPIAMO TUTTI.

Io non uscirei più di casa per questo, non tanto per il fatto che sono un molestatore seriale.
E in ogni caso, ho sempre pensato che in Europa, in Italia, siamo più evoluti degli americani perché non solo non ci scandalizziamo se c'è chi il termometro lo mette nel sedere, abbiamo cimiteri antichi e il bidet non è follia (tutto cit), ma anche perché abbiamo sempre avuto meno paura di certe cose. (Anche se sto censurando ogni parola scurrile in questo post per timore che qualcuno che non capirà cosa ho scritto mi segnali per violazione degli standard della community).

Lasciamo correre che oggi purtroppo non abbiamo più nessuna paura in assoluito e auguriamo lo stupro ad ogni donna che non ci piace, o che ci dicono non ci deve piacere (ogni riferimento è puramente casuale), ma non aver paura di certi termini (si veda tutta la dissertazione di ieri su retarded, che vale anche per la N word) o sapere fare una differenza tra molestie e stupro,o capire che se un uomo con cui sei uscita, hai limonato e bla bla bla ti chiede (da noi chiedono mai?? No, procedono!!) ripeto TI CHIEDE se si può masturbare di fronte a te PUOI DIRGLI DI NO e se non glie lo dici, e resti lì fino a che non ha finito e poi ti fai riaccompagnare a casa, se infine, magari mesi dopo, ti senti violata o molestata ... beh mi dispiace per te ma se la mamma non ti ha insegnato a dire no credo che il problema non sia dell'uomo che ha condiviso con te la sua cosa. NON LO E'. E' TUO. Punto.
Questo per ditre: a Louie piace masturbarsi di fronte alla donna (che gli piace?). Perché Wired dice che dovrebbe pentirsene? Un tempo non si diceva che il sesso tra adulti consenzienti era ok? Adesso uno deve pentirsi di ciò che gli piace e che NON FA MALE A NESSUNO e che GLI RISULTAVA FOSSE CONSENZIENTE?

Tipo ei domani caro Piacenza la tua/il tuo fidanzat* /mogliemarito farà sesso nella posizione 42. Poi tra un mese dirà che lo/la hai molestat* perché quella posizione lì non voleva farla. Sei un molestatore? E soprattutto, devi pentirtene?
Se rubi pane perché hai fame, sei un ladro. E devi pentirtene?
Si tratta di dilemmi morali su cui hanno riflettuto Hegel, Kant, Sartre e addirittura Euripide. Non credo che né io né Piacenza li risolveremo oggi...

E tornando sullo sketch sui ritardati, caro Piacenza, per rispondere alla tua domanda retoricamente posta ("oggi si limita a scherzare sul ritardo mentale?"): no, non stava scherzando sul ritardo mentale e se l'hai interpretata così o non parli bene l'inglese o stavi limonando, perché Louie parlava dell'USO DELLE PAROLE. Un concettto che, come ho scritto sopra, in Italia ci è (per fortuna) più alieno che in USA e quindi ti sarà sfuggito, ma è vero che le parole si trasformano (e ciò è naturale) e che la tabuizzazione non è stata inventata da Louie CK, ma teorizzata da Galli de’ Paratesi. Per estensione, ad essere tabù ora non sono più solo le parole, ma anche i concetti.

Ed è divertente, scandalizzare: Louie lo ha sempre fatto. Non mi pare cambiato e non mi pare postmoderno (note to self: nell'articolo, postmoderno è un aggettivo usato senza che vi sia un'adeguata conoscienza del suo significato). Forse ad essere cambiato (invecchiato) sei tu.

lunedì 15 luglio 2019

Non si deve confondere il problema del dominio culturale WASP con la rappresentazione della Donna Millenial




Ho letto con interesse l'essay di Rebecca Liu uscita su Another Gaze, e riproposta in Italia da Internazionale, The Making of a Millennial Woman.
Credo di non aver afferrato il punto di Liu, perché, se l'articolo esordisce parlando di Millenial - senza specificare se maschi o femmine ("Being a millennial feels like being stuck in a permanent state of on-the-cusp adolescence") - fa, già al secondo capoverso, la precisazione che in ogni caso le Donne Millenial sono tutte WASP: "archetypical Young Millennial Woman – pretty, white, cisgender, and tortured enough to be interesting but not enough to be repulsive". Già questa affermazione mi ha lasciata perplessa: a mio avviso, tutti i Millenial sono raffigurati in questo modo da serie TV, film o romanzi, e non solo le donne, e ho pensato che forse nel caso di Liu, le conclusioni (che la D.M. sia rappresentata sempre come carina, bianca, eterosessuale e torturata e "la D.M. per antonomasia è una persona profondamente impotente) hanno influenzato sue le premesse laddove ella sostiene che questa rappresentazione riguardi solo le Donne Millenial, e non, genericamente, gli esseri viventi che sono in questo mondo (il primo mondo) nel quale abbiamo perso la fiducia, e serie, film e romanzi rappresentano questa crisi derivata da mancanza di fiducia, che colpisce sia donne che uomini, nati nel 2000 come negli anni '70 (i Millenial sono nati tra gli anni '80 e gli anni '90, quindi di fatto sono i protagonisti dei consumi attuali, o dovrebbero esserlo).Insomma, a me pare che anche i maschi siano rappresentati come persone profondamente impotenti!

Liu, al fine di confermare le sue convinzioni, porta come esempio solo quattro opere: due letterarie, ovvero Cat Person di Kristen Roupenian, che ho da poco letto, e Persone Normali di Sally Rooney, che leggerò a breve, e due serie tv, una che odio (Girls) e una che amo (Fleabag). Converremo che negli ultimi 10 anni, se non anche nell'ultimo anno, sono usciti più romanzi e più serie che rappresentano donne. Per le serie, mi viene in mente Killing Eve, The Rook, The Austronaut Wives Club, Big Little Lies, In The Dark, Orphan Black, Unbreakable Kimmy Schmidt (e in generale tutto ciò che vede lo zampino di Tina Fey), New Girl, Orange is the New Black, 2 Broke Girls, Non Fidarti della Stronza dell'Appartamento 23, che raffigurano le donne e la loro vita in modi differenti. Vero, sono in prevalenza bianche (le donne che creano nel mondo delle serie per lo più sono bianche) e benestanti (immagino che le donne non benestanti siano impegnate a fare altro), anche se, scorgendo l'elenco che ho appena fatto, ci sono una protagonista asioamericana, una coprotagonista lesbica, diverse donne in bolletta, personaggi latini e afroamericani, per di più in carcere. In un panorama che, a mio avviso, è molto simile a quello di serie che raccontano storie di uomini. Per cui, la differenza sulla rappresentatività del personaggio principale femminile come bianco, carino, benestante è una teoria campata in aria e data per assodata da Liu solo portando esempi che l'avvallino.
*
In tutto questo, la beffa: Liu spiega che le donne non godono del pieno controllo dell'io neutro ("the neutral I"), ma sono viste ancora alla luce della loro appartenenza di genere. Che è ciò che l'autrice dell'essay in questione fa per tutto il tempo. 


Non solo, la giornalista, fa anche uno strano sillogismo: le donne in queste quattro opere sono "sgradevoli" ("We are now supposedly in the era of the ‘unlikeable woman"), ovvero, per esteso, lo sono tutte le D.M.; sgradevole equivale a crudele ("getting to a point where ‘unlikability’ is no longer a one-note punchline. It is rarely asked to whom these women are cruel, what engineered this cruelty, and what ends this cruelty serves"). Perché essere sgradevole (che è un'azione subita: io risulto sgradevole a) diventa sinonimo di crudeltà (azione inflitta: io sono crudele con)? In base a quale principio? Inoltre, non mi pare che la protagonista di Cat Person o Hannah di Girls o Fleabag siano crudeli. E a voi?
*
Per quanto riguarda Girls, i personaggi ivi rappresentati sono in realtà sette, e non la sola Hannah come invece Liu nel suo pezzo dà per scontato (come se non ne avesse mai visto una singola puntata): quattro ragazze e tre ragazzi: Hannah Horvath, Marnie Michaels, Jessa Johansson, Shoshanna Shapiro, Adam Sackler, Ray" Ploshansky ed Elijah Krantz, cui possiamo anche aggiungere il marito di Marnie, il problematico ed insopportabile Desi Harperin, e la sorella di Adam, la folle Caroline, oltre ai genitori di Hannah. I personaggi in questione sono tutti bianchi, solo uno è gay (e un paio sono bi), sono tutti carini e sono tutti tormentati. Non mi è chiaro perciò per quale ragione l'articolo di Liu prenda in considerazione solo il personaggio di Hannah, se non esclusivamente per confermare le conclusioni cui vuole giungere.
Oltrettutto, sostenere che Girls (e Fleabag) implichino che il femminismo esiste solo nell'alta borghesia bianca ("as if the history of western feminism itself hasn’t been marked by the elevation of upper middle class white voices to the level of unearned universalism") mi è sembrato superficiale. Forse il tormento esiste solo nell'alta borghesia bianca, e dare per scontato che tormento e femminismo siano sinonimi mi pare un'affermazione di un sessismo spaventoso.

Girls e Fleabag rappresentano le due autrici, Lena Dunham e Phoebe Waller-Bridge, che arrivano da quell'ambiente e che - chiaramente - hanno messo in scena opere fortemente autobiografiche. Quindi, anche qui, le premesse sono poste in modo da portare alle conclusioni: non è che il femminismo sia solo WASP, è che le due autrici prese in considerazione da Liu lo sono. La questione non è che il femminismo è bianco, benestante e erudito, ma che le persone (le donne, direbbe Liu) di altre etnie, di altre classi sociali e soprattutto di altri livelli di cultura non riescono a rappresentarsi. Perciò è di questo che dovremmo parlare. Di come chi non è WASP ha meno possibilità di accesso o meno interesse ad accedere ai media del Primo Mondo. Già, perché immagino che in Corea le serie siano tutte con donne coreane che si fanno le menate e che in Nigeria si parli di donne nere che cercano di fare carriera, solo che quelle serie dalla Nigeria, dall'India, dalla Cina qui non arrivano. Ma pensare che gli altri continenti, altri rispetto agli USA, perché solo degli Stati Uniti parla - probabilmente senza avvedersene - la britannica Liu nel suo pezzo, non abbiano prodotti culturali propri è vera presunzione. Non credo che Liu abbia avuto modo ad esempio di accedere a Montalbano e ai Cesaroni e alla non rappresentazione della donna nella serialità italiana. E credo tra l'altro che non le importi un accidenti.



Che le storie rappresentino più i bianchi che non le persone di altre etnie è evidente. Per noi italiani, che abbiamo un'etnia unica, la cosa è poco avvertibile (siamo maggiormente coscienti delle provenienze regionali), ma immagino che in USA e in UK sia lampante. Le storie rappresentano i bianchi perché di norma sono i bianchi che le inscenano. Le storie rappresentano maschi perché per lo più sono maschi che le ideano (e in ogni caso ci sono uomini che hanno scritto divinamente di donne e straordinarie storie di uomini pensate da donne, si veda Lindsey Lee Johnson). Ci sono pochi gay nelle storie perché non è che i gay siano il 50% della popolazione mondiale. In ogni caso, ce ne sono tantissimi, soprattutto nelle serie tv, e il loro essere omosessuali è del tutto ininfluente nella trama (si veda ad esempio Willow in Buffy o Liz Tremayne in Swamp Thing).

C'è poi una ambiguità di fondo: non è lecito attingere - secondo lei - con tanta leggerezza al linguaggio dell'emancipazione rivoluzionaria semplicemente per raccontare il mondo in cui viviamo.
Ma le storie raccontano, e ciascuno dovrebbe poter raccontare quel che vuole. Liu non solo dice che se la tua storia riguarda bianchi borghesi istruiti non puoi raccontarla, e che dovresti parlare di cinesi poveri, ma anche che non devi parlare di tematiche femminili.
E anche qui: cos'è una tematica femminile? Peggio, cos'è una tematica femminista?
Perché Liu dà per scontato che un uomo non possa comprendere / immedesimarsi in un personaggio femminile? O in un personaggio non occidentale? (Scrive sugli autori non occidentali: "Their stories are not so much offered up so you can ‘relate’ to them, but rather so you can tiptoe around as a visitor to their worlds").
Noi donne ci siamo immedesimate e abbiamo compreso per secoli personaggi maschili e siamo sopravvissute. Perché un uomo non può comprendere le storie di donne scritte da Lauren Beukes (che - per inciso - è sudafricana) o di Zadie Smith (che è meticcia), perché non può amare la Tatty di Christine Dwyer-Hickey o capire la vicenda di Bone (per inciso, Bone è povera) come narrata da Dorothy Allison o di Buunny e di Blanche raccontata da Evelyn Piper?  Sfido a trovare qualcuno che, leggendo L'Educazione, non si immedesimi e non comprenda, anche se l'autrice è una donna, Tara Westover. O di non restare incantati dalla scrittura di Ottessa Moshfegh o di Ali Smith (per inciso, è lesbica) o di Emily Ruskovich o di Paula Fox.
Noi italiani ci immedesimiamo di continuo in personaggi e storie che assomigliano alla nostra realtà, ma che non sono la nostra realtà (per esempio: il tema della razza e dell'appropriazione culturale non è parte della nostra storia, e non lo possiamo comprendere a fondo). (Ma questa è un'altra storia...)


Alcuni dei titoli che ho citato sono (anche) femministi. Magari non perché didascalicamente - come pare volere Liu - elencano i principi femministi, ma in quanto (penso in primis a Dorothy Allison e ad Elena Ferrante - che sia donna o uomo) raccontano la brutalità maschile e la resilienza delle donne, che sarà diventato un cliché, ma che, fino a che questa brutalità esisterà, va raccontata, e risolta, e il femminismo non può esulare da ciò. Sino a che la donna sarà maltrattata dagli uomini, e gli uomini si sentiranno in diritto di maltrattarla perché è femmina, non credo si potrà fare alcun passo avanti in ambito femminista.

FONTE:
http://www.anothergaze.com/making-millennial-woman-feminist-capitalist-fleabag-girls-sally-rooney-lena-dunham-unlikeable-female-character-relatable/

E adesso censuriamo le persone affette da nanismo: next step camere a gas?

Bello Biancaneve latina Senza principe e senza nani. Non è Biancaneve, per cui insomma stai usando la parola BIANCANEVE per attirare clienti...