Ho letto con interesse l'essay di Rebecca Liu uscita su
Another Gaze, e riproposta in Italia da Internazionale, The Making of a
Millennial Woman.
Credo di non aver afferrato il punto di Liu, perché, se
l'articolo esordisce parlando di Millenial - senza specificare se maschi o
femmine ("Being a millennial feels like being stuck in a permanent state
of on-the-cusp adolescence") - fa, già al secondo capoverso, la
precisazione che in ogni caso le Donne Millenial sono tutte WASP:
"archetypical Young Millennial Woman – pretty, white, cisgender, and
tortured enough to be interesting but not enough to be repulsive". Già
questa affermazione mi ha lasciata perplessa: a mio avviso, tutti i Millenial
sono raffigurati in questo modo da serie TV, film o romanzi, e non solo le
donne, e ho pensato che forse nel caso di Liu, le conclusioni (che la D.M. sia
rappresentata sempre come carina, bianca, eterosessuale e torturata e "la
D.M. per antonomasia è una persona profondamente impotente) hanno influenzato
sue le premesse laddove ella sostiene che questa rappresentazione riguardi solo
le Donne Millenial, e non, genericamente, gli esseri viventi che sono in questo
mondo (il primo mondo) nel quale abbiamo perso la fiducia, e serie, film e
romanzi rappresentano questa crisi derivata da mancanza di fiducia, che
colpisce sia donne che uomini, nati nel 2000 come negli anni '70 (i Millenial
sono nati tra gli anni '80 e gli anni '90, quindi di fatto sono i protagonisti
dei consumi attuali, o dovrebbero esserlo).Insomma, a me pare che anche i
maschi siano rappresentati come persone profondamente impotenti!
Liu, al fine di confermare le sue convinzioni, porta come
esempio solo quattro opere: due letterarie, ovvero Cat Person di Kristen
Roupenian, che ho da poco letto, e Persone Normali di Sally Rooney, che leggerò
a breve, e due serie tv, una che odio (Girls) e una che amo (Fleabag).
Converremo che negli ultimi 10 anni, se non anche nell'ultimo anno, sono usciti
più romanzi e più serie che rappresentano donne. Per le serie, mi viene in
mente Killing Eve, The Rook, The Austronaut Wives Club, Big Little Lies, In The
Dark, Orphan Black, Unbreakable Kimmy Schmidt (e in generale tutto ciò che vede
lo zampino di Tina Fey), New Girl, Orange is the New Black, 2 Broke Girls, Non
Fidarti della Stronza dell'Appartamento 23, che raffigurano le donne e la loro
vita in modi differenti. Vero, sono in prevalenza bianche (le donne che creano
nel mondo delle serie per lo più sono bianche) e benestanti (immagino che le
donne non benestanti siano impegnate a fare altro), anche se, scorgendo
l'elenco che ho appena fatto, ci sono una protagonista asioamericana, una
coprotagonista lesbica, diverse donne in bolletta, personaggi latini e
afroamericani, per di più in carcere. In un panorama che, a mio avviso, è molto
simile a quello di serie che raccontano storie di uomini. Per cui, la
differenza sulla rappresentatività del personaggio principale femminile come
bianco, carino, benestante è una teoria campata in aria e data per assodata da
Liu solo portando esempi che l'avvallino.
*
In tutto questo, la beffa: Liu spiega che le donne non
godono del pieno controllo dell'io neutro ("the neutral I"), ma sono
viste ancora alla luce della loro appartenenza di genere. Che è ciò che
l'autrice dell'essay in questione fa per tutto il tempo.
Non solo, la giornalista, fa anche uno strano sillogismo: le
donne in queste quattro opere sono "sgradevoli" ("We are now
supposedly in the era of the ‘unlikeable woman"), ovvero, per esteso, lo
sono tutte le D.M.; sgradevole equivale a crudele ("getting to a point
where ‘unlikability’ is no longer a one-note punchline. It is rarely asked to
whom these women are cruel, what engineered this cruelty, and what ends this
cruelty serves"). Perché essere sgradevole (che è un'azione subita: io
risulto sgradevole a) diventa sinonimo di crudeltà (azione inflitta: io sono
crudele con)? In base a quale principio? Inoltre, non mi pare che la protagonista
di Cat Person o Hannah di Girls o Fleabag siano crudeli. E a voi?
*
Per quanto riguarda Girls, i personaggi ivi rappresentati
sono in realtà sette, e non la sola Hannah come invece Liu nel suo pezzo dà per
scontato (come se non ne avesse mai visto una singola puntata): quattro ragazze
e tre ragazzi: Hannah Horvath, Marnie Michaels, Jessa Johansson, Shoshanna
Shapiro, Adam Sackler, Ray" Ploshansky ed Elijah Krantz, cui possiamo
anche aggiungere il marito di Marnie, il problematico ed insopportabile Desi
Harperin, e la sorella di Adam, la folle Caroline, oltre ai genitori di Hannah.
I personaggi in questione sono tutti bianchi, solo uno è gay (e un paio sono
bi), sono tutti carini e sono tutti tormentati. Non mi è chiaro perciò per
quale ragione l'articolo di Liu prenda in considerazione solo il personaggio di
Hannah, se non esclusivamente per confermare le conclusioni cui vuole giungere.
Oltrettutto, sostenere che Girls (e Fleabag) implichino che
il femminismo esiste solo nell'alta borghesia bianca ("as if the history
of western feminism itself hasn’t been marked by the elevation of upper middle
class white voices to the level of unearned universalism") mi è sembrato
superficiale. Forse il tormento esiste solo nell'alta borghesia bianca, e dare
per scontato che tormento e femminismo siano sinonimi mi pare un'affermazione
di un sessismo spaventoso.
Girls e Fleabag rappresentano le due autrici, Lena Dunham e
Phoebe Waller-Bridge, che arrivano da quell'ambiente e che - chiaramente -
hanno messo in scena opere fortemente autobiografiche. Quindi, anche qui, le
premesse sono poste in modo da portare alle conclusioni: non è che il
femminismo sia solo WASP, è che le due autrici prese in considerazione da Liu
lo sono. La questione non è che il femminismo è bianco, benestante e erudito,
ma che le persone (le donne, direbbe Liu) di altre etnie, di altre classi
sociali e soprattutto di altri livelli di cultura non riescono a
rappresentarsi. Perciò è di questo che dovremmo parlare. Di come chi non è WASP
ha meno possibilità di accesso o meno interesse ad accedere ai media del Primo
Mondo. Già, perché immagino che in Corea le serie siano tutte con donne coreane
che si fanno le menate e che in Nigeria si parli di donne nere che cercano di
fare carriera, solo che quelle serie dalla Nigeria, dall'India, dalla Cina qui
non arrivano. Ma pensare che gli altri continenti, altri rispetto agli USA,
perché solo degli Stati Uniti parla - probabilmente senza avvedersene - la
britannica Liu nel suo pezzo, non abbiano prodotti culturali propri è vera
presunzione. Non credo che Liu abbia avuto modo ad esempio di accedere a
Montalbano e ai Cesaroni e alla non rappresentazione della donna nella
serialità italiana. E credo tra l'altro che non le importi un accidenti.

Che le storie rappresentino più i bianchi che non le persone
di altre etnie è evidente. Per noi italiani, che abbiamo un'etnia unica, la
cosa è poco avvertibile (siamo maggiormente coscienti delle provenienze
regionali), ma immagino che in USA e in UK sia lampante. Le storie rappresentano
i bianchi perché di norma sono i bianchi che le inscenano. Le storie
rappresentano maschi perché per lo più sono maschi che le ideano (e in ogni
caso ci sono uomini che hanno scritto divinamente di donne e straordinarie
storie di uomini pensate da donne, si veda Lindsey Lee Johnson). Ci sono pochi
gay nelle storie perché non è che i gay siano il 50% della popolazione
mondiale. In ogni caso, ce ne sono tantissimi, soprattutto nelle serie tv, e il
loro essere omosessuali è del tutto ininfluente nella trama (si veda ad esempio
Willow in Buffy o Liz Tremayne in Swamp Thing).
C'è poi una ambiguità di fondo: non è lecito attingere -
secondo lei - con tanta leggerezza al linguaggio dell'emancipazione
rivoluzionaria semplicemente per raccontare il mondo in cui viviamo.
Ma le storie raccontano, e ciascuno dovrebbe poter
raccontare quel che vuole. Liu non solo dice che se la tua storia riguarda
bianchi borghesi istruiti non puoi raccontarla, e che dovresti parlare di
cinesi poveri, ma anche che non devi parlare di tematiche femminili.
E anche qui: cos'è una tematica femminile? Peggio, cos'è una
tematica femminista?
Perché Liu dà per scontato che un uomo non possa comprendere
/ immedesimarsi in un personaggio femminile? O in un personaggio non occidentale?
(Scrive sugli autori non occidentali: "Their stories are not so much
offered up so you can ‘relate’ to them, but rather so you can tiptoe around as
a visitor to their worlds").
Noi donne ci siamo immedesimate e abbiamo compreso per
secoli personaggi maschili e siamo sopravvissute. Perché un uomo non può
comprendere le storie di donne scritte da Lauren Beukes (che - per inciso - è
sudafricana) o di Zadie Smith (che è meticcia), perché non può amare la Tatty
di Christine Dwyer-Hickey o capire la vicenda di Bone (per inciso, Bone è
povera) come narrata da Dorothy Allison o di Buunny e di Blanche raccontata da
Evelyn Piper? Sfido a trovare qualcuno
che, leggendo L'Educazione, non si immedesimi e non comprenda, anche se
l'autrice è una donna, Tara Westover. O di non restare incantati dalla
scrittura di Ottessa Moshfegh o di Ali Smith (per inciso, è lesbica) o di Emily
Ruskovich o di Paula Fox.
Noi italiani ci immedesimiamo di continuo in personaggi e
storie che assomigliano alla nostra realtà, ma che non sono la nostra realtà
(per esempio: il tema della razza e dell'appropriazione culturale non è parte
della nostra storia, e non lo possiamo comprendere a fondo). (Ma questa è
un'altra storia...)
Alcuni dei titoli che ho citato sono (anche) femministi. Magari
non perché didascalicamente - come pare volere Liu - elencano i principi femministi,
ma in quanto (penso in primis a Dorothy Allison e ad Elena Ferrante - che sia
donna o uomo) raccontano la brutalità maschile e la resilienza delle donne, che
sarà diventato un cliché, ma che, fino a che questa brutalità esisterà, va
raccontata, e risolta, e il femminismo non può esulare da ciò. Sino a che la
donna sarà maltrattata dagli uomini, e gli uomini si sentiranno in diritto di
maltrattarla perché è femmina, non credo si potrà fare alcun passo avanti in
ambito femminista.
FONTE:
http://www.anothergaze.com/making-millennial-woman-feminist-capitalist-fleabag-girls-sally-rooney-lena-dunham-unlikeable-female-character-relatable/